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Turismo è cultura
Le chiavi del successo nel turismo
Turismo e beni culturali sono da sempre due facce della stessa medaglia ed io le ho esplorate entrambe! Nel corso della mia vita professionale, considerando anche le esperienze formative, questi due enormi giganti sono diventati protagonisti assoluti, a volte talmente vicini da non poter essere distinti. In realtà, nell’immaginario comune, il turismo viene spesso considerato il fratello povero della cultura, quello dall’animo meno nobile e più commerciale, volto al profitto e noncurante del benessere della collettività.
Questa rappresentazione del turismo può forse essere ancora realistica in alcuni ambienti e settori, ma non è più accettabile in una accezione universale. 
E se si parla tanto di turismo culturale certamente ci sarà una motivazione!

La mia esperienza

Ho iniziato a lavorare come guida turistica mentre studiavo Storia dell’arte all’Università. Conoscevo molte guide, con e senza patentino, al servizio di agenzie e tour operator ma anche di associazioni culturali (come me). Devo dire che a quei tempi effettivamente esisteva una cesura netta tra chi esercitava abitualmente e chi dedicava alle visite guidate qualche ora nel week end . Diversi i committenti, diversi i luoghi, diverse le conoscenze, diversi i guadagni.
Tra le guide turistiche che conoscevo, soltanto alcune avevano il diploma e le laureate erano rarissime. Al contrario, il mondo delle associazioni culturali pullulava di studenti di materie culturali, docenti in pensione ed esperti con vari titoli. 
Mi è capitato spesso di porgere l’orecchio alle spiegazioni di qualche guida turistica che mostrava al suo gruppo il Foro romano o il Colosseo. Be’, non so ancora decidere se il sentimento più forte fosse la compassione o la rabbia! L’ignoranza, il luogo comune, la battuta facile, l’aneddoto a tutti costi erano molto diffusi e poco importava se lontani dalla realtà, dalla storia, dalla cultura. Era importante far sorridere o stupire l’ignaro turista che si fidava del suo cicerone.

Evoluzione dei ruoli

Oggi tutto questo, per fortuna, è limitato ad una quota di guide davvero minima. La maggior parte di loro, infatti, è laureata, specializzata, dottorata; non hanno bisogno di inventare aneddoti per catturare l’attenzione del loro pubblico: la storia, la tradizione, i personaggi, l’arte, l’architettura, sono talmente dominanti e diversificati da adattarsi a qualsiasi contesto e a qualsiasi narrazione, è sufficiente conoscerli ed avere un po’ di talento per raccontarli in modo efficace.
Anche il turista è cambiato, oggi è abituato a viaggiare, a conoscere luoghi lontani con tradizione e cultura completamente differenti. Ed è diventato molto più esigente: non desidera più visitare i luoghi e i monumenti simbolo di un Paese ma perdersi tra i vicoli di una città, conoscere gli abitanti e il loro stile di vita, immergersi nella quotidianità. Ed ecco che compare l’”esperienza”, che si sostituisce al classico tour. Un corso di cucina in Toscana, creare e dipingere le maschere a Venezia, guidare una Ferrari a Maranello, imparare a fare il pane a Matera. Ma anche vedere la Cappella Sistina in visita privata oppure prendere un aperitivo in un famoso museo.
Le “esperienze” sono tante e rispondono al gusto e alle esigenze di ognuno. Perché il turista è diventato sempre più viaggiatore, curioso ed esigente. 
Ed il turismo sempre più culturale ed esperienziale.

Il nuovo manager turistico culturale

Certamente si potrebbe obiettare che alcuni di questi visitatori siano più interessati a vantare la loro esperienza che a viverla o a comprenderla fino in fondo (e i social media sono di grande utilità a qusto scopo). E’ vero, ma è anche vero che non si possa generalizzare. E in ogni caso, indipendentemente dalla motivazione, è una realtà del mercato turistico di questi ultimi anni. Che richiede alle alle agenzie di viaggi e alle guide di essere competenti e aggiornate, di superare la mera spiegazione dei monumenti e trasformarsi in veri e propri manager culturali.
Pertanto, la separazione del turismo dalla cultura, sembra divenire in questi giorni meno netta e colorarsi di toni sfumati. 
Non mi addentrerò nelle ulteriori obiezioni che potrebbero giustamente essere sollevate, sulle differenze tra turismo e cultura, non è questa la sede. Qui, infatti, vorrei soltanto sottolineare come il turismo necessiti di figure sempre più professionali e con un background culturale, in grado di rispondere alle esigenze dei nuovi viaggiatori.

La cultura della qualità

In sostanza, questa è stata la mia attività principale a partire dal 2013 quando ho fondato la mia agenzia di viaggi e tour operator. La formazione storico artistica, l’esperienza nell’ambito del Patrimonio Mondiale UNESCO, una attitudine naturale alla cura dei dettagli, mi hanno consentito di raggiungere traguardi eccellenti nell’ideazione e organizzazione di viaggi e di attività per i clienti, sia aziendali che privati. In molte occasioni mi sono trovata a dover inventare qualcosa di nuovo, di unico, per rendere il programma di viaggio memorabile. E sempre la cultura è venuta in mio aiuto, suggerendomi luoghi, ambientazioni, suggestioni che hanno fatto la differenza consentendomi di ottenere l’affidamento del servizio. Il passaparola ha poi fatto il resto: recensioni, post sui social media, consigli agli amici desiderosi di visitare l’Italia ed in alcuni casi anche blog e articoli su riviste on e offline.
Io credo che la direzione sia quella giusta. Il trend è a favore dei contenuti, della qualità, della personalizzazione. Certo, stiamo vivendo un momento difficile ed il turismo è uno dei settori più colpiti. Ma quando tutto ripartirà, quando torneremo a ricevere email da tutto il mondo e ci ritroveremo ad inventare e personalizzare percorsi e attività, ricordiamoci della qualità, ricordiamoci della cultura e facciamola emergere. Perché, ne sono certa, il viaggiatore che arriverà dopo un lungo periodo di siccità avrà un desiderio ancor più grande di conoscere, di sperimentare, di vivere le esperienze con tutti i sensi.
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